Black Mirror: fin dove può spingersi l’odio?
Sicilia

Il sesto episodio della terza stagione di Black Mirror, serie TV originale Netflix, si intitola “Odio universale” e narra di un caso di crimine di portata mondiale in cui un uomo prende il controllo delle “IDA”, ovvero api automatizzate costruite per sostituire quelle vere ormai estinte, e le usa per uccidere facendole infiltrare nel cervello delle persone. Diretto da James Hawes e con le performance di Kelly Macdonald e Faye Marsay nei panni delle protagoniste investigatrici Karin e Blue, la puntata è una straordinaria rappresentazione della società deviata e sconvolta dalla smania di sostituirsi alla giustizia trovando metodi alternativi e, spesso, malsani per punire. Internet, insieme a una tecnologia avanzata come quella delle IDA, permette di farlo da casa propria con un computer. La caratteristica della serie TV è proprio quella di raccontare l’uso esagerato della tecnologia, quando se ne perde il controllo e diventa pericolosa. Inoltre, porta una problematica al suo estremo presentando le possibili conseguenze. Quell’odio condiviso e ricondiviso nei social media, in questo caso attraverso un hashtag che invita a segnalare una persona da uccidere, che viene però preso come un gioco. La colpa sarebbe quella di aver divulgato parole offensive o discriminatorie o, a volte, solo di essere sostenitori di ideali impopolari. Le vittime sono, infatti, protagoniste di vere e proprie bufere mediatiche. La gente partecipa alla sfida senza pensarci due volte, giudica e alimenta l’odio formando gruppi accomunati dallo stesso desiderio: la morte di qualcuno. La vicenda diventa sempre più grave e fuori da ogni schema, fino a concludersi in una tragedia, anche se il finale è aperto e lascia a libere interpretazioni. L’episodio fa riflettere e lascia il fiato continuamente sospeso, ma ancora più suggestiva è la verosimiglianza dei fatti, perché non è difficile immaginare un mondo in cui le problematiche che oggi ci preoccupano possano prendere prendano quella piega.